IL FLUIRE DEGLI EVENTI:
UTILIZZAZIONE A PARTIRE DAL 1870 E COSTRUZIONE DELL'IMPIANTO DI SOLLEVAMENTO PER L'ACQUA VERGINE

 

I DOCUMENTI

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Utilizzazione delle acque a partire dal 1870

Fin dall’antichità gli uomini hanno costruito acquedotti, cisterne e serbatoi per lo scopo principale di avere a disposizione, in modo continuo, l’acqua per bere. Per molto tempo le possibilità di sviluppo delle città sono state condizionate dalla presenza, nelle vicinanze, di sorgenti o di fiumi. Gli antichi romani, fin dalle origini della loro città, si erano preoccupati di fornirsi di un’adeguata quantità di acqua corrente, mediante la costruzione di acquedotti.
A partire dal 1870 Roma, ormai capitale del Regno d’Italia, subisce importanti cambiamenti: non è più solo la sede del governo dello Stato Pontificio ma deve svolgere un ruolo di coordinamento e guida per l’intero paese. Il cambiamento più importante riguarda, però, proprio i compiti assegnati al Comune di Roma che, a pieno titolo, diviene il responsabile di servizi fondamentali per la vita dei cittadini, come quello del controllo sugli acquedotti e sulla qualità dell’acqua distribuita alla città. Questo cambiamento è ben evidente se si scorrono gli editti (doc. 16) [1] e le notificazioni [2] prodotti nel corso di un secolo dagli organi che avevano il compito di sorvegliare il settore delle acque: prima del 1870 sono atti emanati da funzionari appartenenti al governo pontificio (doc. 17 e 18), mentre, dopo tale data, sono esclusivamente organi comunali (doc. 19).
Per ospitare le numerose famiglie che giungevano in città in cerca di lavoro, sorsero nuovi quartieri, in zone che non avevano nelle vicinanze nessuna sorgente importante: nacque così la necessità di fornire le case di acqua corrente e di costruire anche nelle nuove zone un efficiente sistema di fognature. Per far questo il Comune di Roma, per mezzo di un proprio ufficio denominato Servizio Idraulico [3], agì in diverse direzioni: da una parte cercò di restaurare e migliorare gli acquedotti già esistenti (doc. 20) o di utilizzarli ma migliorandone il rendimento ed evitando gli sprechi (doc. 21); dall’altra studiando la realizzazione di nuovi e complessi progetti come il trasporto in città delle acque del Peschiera (doc. 22) o la costruzione di un’officina fuori Porta del Popolo capace di sollevare l’acqua fino alla parte alta della città.
Tra i progetti realizzati dal Servizio Idraulico, in unione con altri uffici del Comune di Roma, ve ne furono alcuni che prevedevano l’utilizzo dell’acqua come forza motrice, in grado di far muovere degli ingranaggi e di sostituire la forza umana o animale: tra i tanti si vuole citare quello relativo alla costruzione di un ascensore idraulico da utilizzare negli uffici del Palazzo del Senatore a Campidoglio. I progetti per la costruzione di ascensori di questo tipo, dopo un breve periodo di fortuna caddero nel dimenticatoio in quanto nel corso del primo ventennio del Novecento si andarono sviluppando applicazioni che permisero una maggiore velocità e una maggiore possibilità di carico (doc. 23, 24 e 25).


 


Costruzione dell'impianto di sollevamento
dell'Acqua Vergine

 

Con il trasferimento della capitale d’Italia a Roma, la città ebbe un forte aumento sia in termini di popolazione che di numero d’edifici, alcuni innalzati appositamente per dare una sede ai ministeri ed agli uffici che erano stati trasferiti a seguito del Governo. Tutto ciò determinò da un lato, la necessità di costruire nuovi quartieri residenziali (questo obiettivo che si concretizzò con i Piani Regolatori [4] del 1873 e del 1882-83), dall’altro di garantire un maggiore rifornimento idrico. Gli antichi acquedotti da soli non erano più sufficienti e la loro condizione attuale non garantiva sempre che le acque trasportate fossero di buona qualità e, quindi, non comportassero danni alla salute degli abitanti (doc. 26).
Prima d’ogni altro intervento si scelse di restaurare il condotto dell'Acqua Vergine in modo da ridurne le perdite; quindi si cercò di potenziare, per gli usi non potabili (es.: per la pulizia delle fogne e per l'innaffiamento delle strade e dei giardini) (doc. 27), le acque Felice e Paola, ormai considerate non più sicure dal punto di vista igienico (doc. 28).
L’intenzione era di ridurre, con queste iniziative l'uso dell’acqua Marcia, la quarta acqua presente a Roma che però non era distribuita direttamente dall’amministrazione comunale, ma da una società e quindi più costosa per i cittadini.
Nel 1885 il Comune di Roma, nell’urgenza di aumentare la quantità d’acqua da distribuire in città, decise di procedere all’acquisizione di altre sorgenti minori e di "affittare" 800 once [5] d’acqua dalla Società Acqua Pia Antica Marcia. Ben presto si capì che questa non poteva essere la soluzione definitiva: la causa principale, come si è accennato prima, era rappresentata dagli alti costi di quest’acqua, che la rendevano, quasi un prodotto di lusso. In considerazione dell’ormai accertata cattiva qualità delle acque Felice e Paola non adatte all’uso umano, l’unica alternativa possibile in quegli anni, fu trovata nell’aumentare l’utilizzo dell’acqua Vergine attraverso un’operazione tecnica detta "sollevamento", che consisteva nell’utilizzare motori a vapore per innalzare l’acqua fin dove occorresse.
Un primo progetto approvato dal Consiglio Comunale nel 1898 prevedeva, per la produzione di energia l’utilizzo dell'Acqua Paola a S. Pietro in Montorio, ma esso fu quasi subito accantonato per l'opposizione dei proprietari degli stabilimenti industriali, impiantati lungo il colle Gianicolo, che utilizzavano le acque reflue [6] della grande fontana ornamentale conosciuta come "Fontanone" (doc. 29) [7].
Le modifiche al progetto comportarono una diversa localizzazione dell’ impianto di sollevamento e fu scelto pertanto di costruire l’officina nell'antico Campo Boario fuori Porta del Popolo (attuale via Luisa di Savoia) (doc.30).
L'acqua necessaria al funzionamento dell'impianto sarebbe stata ottenuta deviando la conduttura che dall'Acquedotto Vergine arrivava alle fontane degli emicicli [8] in Piazza del Popolo, alle quali si sarebbe provveduto con le altre acque di qualità inferiore. Per garantire la continuità del servizio si sarebbe costruita una coppia di macchine a vapore (doc. 31) così da averne una sempre in funzione ed evitare che improvvisi guasti interrompessero il sollevamento dell’acqua. Fu, quindi, previsto un intervento di canalizzazione sotterranea delle acque da attuarsi tramite la posa in opera di tubi in ghisa, di vario diametro, per un totale di circa 17 km. Il collaudo definitivo avvenne nel giugno del 1901 e subito dopo il Comune di Roma approvò un Regolamento per vendere o affittare l'Acqua Vergine Elevata.
Nel 1902 fu predisposto un capitolato [9] che coinvolgeva ditte di privati per i lavori d'impianto e manutenzione delle condutture che dovevano portare l’acqua Vergine Elevata fin dentro i singoli appartamenti dei cittadini.




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[1] L’editto (dal latino edictum) era un’ordinanza emessa da un magistrato che stabiliva una certa linea di condotta obbligatoria per i cittadini. L’editto, che contiene sempre un ordine di tipo generale valido per tutti coloro che si trovino in una determinata situazione, era affisso sui muri delle città o reso pubblico mediante la lettura di un banditore.
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[2] Le notificazioni sono delle informazioni rese pubbliche così da permettere ai cittadini di adeguarsi a quanto deciso dagli amministratori.
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[3] Per svolgere i suoi compiti nel modo migliore il Comune di Roma si era organizzato istituendo un ufficio, la "Divisione II - Servizio Idraulico" che doveva appositamente occuparsi solo dei problemi connessi alla fornitura di acqua alla città e di gestire la costruzione e la manutenzione del suo sistema fognario. Questo ufficio si incaricava di studiare i progetti tecnici, di scegliere le soluzioni ritenute più economiche per il Comune di Roma e più utili per la cittadinanza, di organizzare materialmente la loro realizzazione o con il proprio personale o mediante il sistema degli appalti (con il termine appalto si indica un tipo di contratto con il quale una ditta assume a proprio rischio l'esecuzione di un'opera o di un servizio, ricevendo in cambio del denaro).

I DOCUMENTI
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[4] Con l'espressione "piano regolatore" si indica un insieme di regole e prescrizioni, che hanno lo scopo di determinare l'aspetto finale di un centro urbano, o di una zona di esso, e di distinguere le aree destinate ad opere pubbliche da quelle destinate ai privati. Esso, una volta approvato,dal Consiglio Comunale, diviene vincolante per il futuro e non può essere modificato se non da un nuovo piano regolatore.
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[5] Il termine oncia indica un'unità di misura usata in Italia prima dell'adozione del sistema metrico decimale, con valori diversi tra le differenti regioni italiane, ma per lo più intorno ai 30 grammi.
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[6] Con il termine "reflue" si indicano le acque che, dopo la loro utilizzazione domestica, industriale o agricola vengono restituite più o meno inquinate ai condotti di scarico.
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[7] La Fontana dell'Acqua Paola, detta il "fontanone", rappresenta la parte finale dell'antico acquedotto che conduceva a Roma l'acqua Traiana, e che, riattivato da Paolo V, prese il nome da quest'ultimo. L'opera fu compiuta dagli architetti Giovanni Fontana e Flaminio Ponzio tra il 1608 ed il 1612. Buona parte dei marmi utilizzati nella facciata furono tolti al Foro Romano e delle 6 colonne che ornano le nicchie laterali ben 4 erano state prese dalla Basilica di San Pietro. Nel 1690 Carlo Fontana sostituì con una grande piscina le cinque piccole vasche originarie.
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[8] Il termine emiciclo indica lo spazio di un'area delimitata da una parete a semicerchio; nel caso specifico i muraglioni delimitanti Piazza del Popolo.
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[9] Con il termine capitolato si indica l'insieme delle condizioni contenute in un contratto.
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